Riformiamo lo sport, ma facciamolo bene.

Il calcio professionistico fuori dal mondiale? Tutti a parlare di rifondare lo sport. Ora ci si accorge che lo sport in Italia non riveste l’importanza che dovrebbe, che i professionisti non godono dei privilegi che gli spetterebbero e nessuno si preoccupa che da tutte le parti quando si parla di sport si pensa solo ed esclusivamente al calcio, salvo che alle Olimpiadi dove le discipline di cui mai ci siamo interessati, diventano per un giorno importanti, nel caso dovessero riuscire ad arricchire il nostro medagliere. Il problema nazionale da risolvere parlando di sport, è dove si farà lo stadio per l’Inter o il Milan, per la Roma o per la Lazio, mentre del fatto che Milano non abbia un palazzetto dello sport da molti anni, per esempio, o che a Roma ci siano stadi storici pieni di erbacce ed inutilizzabili, che Palermo non abbia una struttura in cui far giocare la squadra di football americano, non è così importante. Che non si costruiscano impianti nuovi multi disciplina, chi se ne frega. Per far piacere a qualche lobby si includono i video game tra gli sport, qualcuno li vorrebbe addirittura alle olimpiadi, magari con la scritta sullo schermo: “Attenzione i video game possono produrre dipendenza, giocate con cautela.”, come del resto si fa per le scommesse sullo sport.  La cultura che si vorrebbe diffondere non è quella che lo sport fa bene ed è formativo, ma quella che se riesci ad eccellere nello sport diventi ricco e soprattutto permetti al sistema di mandare avanti il carrozzone, che sui professionisti ci campa senza aver la ben che minima competenza di quanto racconta. Pensate a coloro che scrivono di sport sui quotidiani, il termine giornalisti si riserva solo per pochi di loro, pensate al loro metro di giudizio e di critica, soffermiamoci un secondo a riflettere su come descrivono le gesta di un giocatore o di un allenatore, salvo poi relegarlo al ruolo di incapace poco tempo dopo o viceversa, senza preoccuparsi di chiedere scusa e di fare autocritica. Pensate alla profondità delle domande che questi pongono ai protagonisti, o a quelle in cui danno loro la risposta, chiedendo solo conferma all’interessato e chiedetevi se non si debba

cominciare anche da questi scribacchini la riforma dello sport.  Cominciamo a parlare di valori che lo sport deve racchiudere, vi ricordate come finì il terzo tempo che la Federazione impose ai calciatori? Cominciamo a lavorare per una popolazione che concepisce lo sport come mezzo di formazione al proprio carattere acquisendo non solo una migliore condizione fisica, ma anche metabolizzando valori quali la lealtà, la disciplina il rispetto ecc.  e non come una fonte di grandi guadagni. Cominciamo a dire che un ragazzo di diciotto anni che fa convocare una commissione di maturità per sostenere l’esame e poi non si presenta e una persona che va educata e sanzionata e non dipinta come un ragazzo vivace, vi ricordate Donnarumma idolatrato dai tifosi e sostenuto dai cronisti? Vogliamo riformare lo sport, facciamolo ma chiediamoci a che modello di sport vogliamo ispirarci e chiediamoci se non sia giunto il momento di separare drasticamente chi vuole fare dello sport una professione, da chi vuole praticare lo sport per suo piacere. Che siano i privati, la S.P. A, le società che fanno della professione sportiva un business a pagare per i loro vivai e strutture, ma che sia lo stato a permettere a tutti di poter praticare attività sportiva in strutture adeguate ed a costi sostenibili. Lo sport italiano è sicuramente da riformare ma non solo per avere nazionali che rappresentino l’Italia nelle competizioni internazionali, ma per aumentare il numero dei praticanti e per facilitare la diffusione dello sport a cominciare dalle scuole elementari. Tutti hanno scarpe da ginnastica per stare seduti a giocare con uno smart phone, forse è da li che dovremmo cominciare.