Le emozioni si vivono

Come sarebbe il mondo se i tanti cervelli, i tanti scienziati che ci sono lavorassero in squadra e non contro? Questa domanda mi ha assillato per tutto il week end dopo che venerdì avevamo avuto la fortuna di condividere con dei “ragazzi” incredibili, manager di una importante multinazionale, il piacere di insegnargli il nostro gioco e vederli assaporare le emozioni che riesce a dare. Stavo per scrivere regalare, ma in campo, come nella vita le emozioni devi conquistartele perché niente e nessuno te le regala. Credo che nulla  più del football riesca a insegnare come il gioco di squadra riesca a migliorare le prestazioni di tanti singoli giocatori che fanno il loro ruolo senza capire di essere parte di una squadra o con la paura di entrare a farne parte. “Essendo specializzato in matematica, credevo che tutto fosse uguale alla somma delle sue parti, finché non ho cominciato a lavorare con le squadre. Poi, quando divenni allenatore, capii che il tutto non è mai la somma delle sue parti – è maggiore o minore, a seconda di come riescono a collaborare i suoi membri. (Chuck Noll, ex allenatore dei Pittsburgh Steelers) Difficile aggiungere qualcosa alle parole di Chuck Noll. Difficile è anche riuscire a comunicare le emozioni vissute, proprio perché è difficile capire come un gesto che ti dà emozioni, sia quasi sempre il frutto di un grande lavoro alle spalle. Solo chi questo lavoro lo ha svolto riesce ad assaporare, a godere, del piacere della riuscita di quel gesto. Quando si assiste o si racconta il gesto finale l’interlocutore non può apprezzare il risultato attribuendolo ad un evento fortuito, casuale o comunque facilmente raggiungibile, ignorando il grande lavoro che ogni risultato comporta perché questo si realizzi. Così il lancio di un pallone da football, la sua ricezione, lo strappo di una bandierina sembrano azioni normali per un qualsiasi essere umano, pochi ci vedono il grande lavoro di tanti per la sua riuscita. Mentre sto scrivendo mi sembra infatti di descrivere cose estremamente normali per chi legge, non è così per chi le prova a fare ed è per questo che le emozioni si possono solo vivere, raccontarle è inutile. Per questo io non posso che ringraziare chi queste emozioni mi ha permesso di viverle e di condividerle con lui.