Rams Around the world – Jacopo Cecchini 8/8 – Otto ottavi (parte 1 di 2)

Sono Nato a Gallo di Petriano, un piccolo centro abitato vicino a Pesaro, nelle Marche. Mi trasferii a Milano per studiare Giurisprudenza e fino ad allora avevo praticato solo canottaggio e pallanuoto e del Football Americano sapevo poco e niente: sapevo solo che esisteva questo strano sport e ne avevo fatto la conoscenza quando mio padre mi portò a vedere “Any Given Sunday” con lo scopo di mostrarmi cosa lui aveva praticato negli anni 80 militando negli Angels Pesaro. 

Arrivai nei Rams credo nel Gennaio 2008 e sinceramente dei primi allenamenti le cose eclatanti da ricordare sono ben poche: iniziai a giocare in linea di difesa, non potevo toccare quello con la maglia rossa, infortunio alla prima partita, alla seconda stagione fui poi spostato in linea d’attacco, guardia/tackle dal lato sinistro, forse perché c’era bisogno forse perché ero scarso in difesa, non me lo sono mai chiesto. Non fiatai. 

Dal 2008 fino al 2013 per i Rams sono stato tante cose: arbitro, dirigente, rappresentante dei giocatori, attivo nella promozione della squadra, organizzatore di eventi ma soprattutto compulsivo ed assiduo frequentatore di Via Grasselli 3, 20173 Milano. Dopo un infortunio alla caviglia avvenuto fuori dal campo, un esame di avvocato passato al primo colpo e varie vicissitudini, per motivi di lavoro sono finito in Irlanda dove ovviamente non ho smesso di seguire il football e ho iniziato ad allenare e ogni tanto pure a giocare (in difesa, ma se c’è bisogno non fiato e vado in attacco). 

Ovviamente dal 2008 al 2013 (e non solo) ho incontrato e mi sono scontrato con Paolo Big Ram Crosti.  

Ripensandoci, ad anni di distanza, l’unica cosa che richiesta per giocare e durare nei Rams era (ed è) essere sé stessi, senza sconti, così come Paolo lo era e si poneva con tutti: un uomo così come era che voleva conoscere altri uomini così come erano.  

“C’era Traffico in tangenziale!” dice un giocatore, “Ma davvero?? traffico in tangenziale alle 18 di giovedì a Milano??” risponde Paolo. Ogni volta che ci ripenso effettivamente Paolo aveva ragione: 

sono veramente pochi i giocatori che arrivano in ritardo perché sono veramente ritardatari cronici e clinicamente accertati, tutti arrivano in ritardo o perché sono pigri, o non si sono organizzati, o perché hanno cose più importanti a cui pensare o da fare. “Le scuse stanno a Zero!”. O vieni agli allenamenti in orario o non ci vieni. 

Paolo esigeva che i suoi giocatori fossero persone vere per come erano nel bene e nel male. Per chi ha conosciuto Paolo in almeno più di due occasioni lo potrà confermare: lui era una Persona sempre uguale con tutti, semplicemente sé stesso e questo lo pretendeva da tutti, soprattutto da i suoi giocatori. Non ti permetteva di vivere a metà. 

Come puoi pretendere di passare con certezza un esame se non arrivi correndo al massimo sulla linea di meta? Come puoi pretendere che un giocatore segua correttamente i blocchi fatti dalla linea di attacco se nella vita non segue alcuna regola? Per questo dico che l’unica regola per Paolo era essere sé stessi. Se eri te stesso fino in fondo senza scuse, una Persona, solo allora era chiaro che posizione avresti potuto giocare o non giocare per Paolo e se giocare a football era utile o no alla squadra e a te stesso. Se eri lì per passare il tempo non duravi. 

Quanti giocatori forti hanno mollato perché giustamente volevano solo passare 2 ore dove esprimere al massimo e incrementare le loro qualità’ atletiche/tecniche, o quanti giocatori scarsi che hanno preferito lasciar perdere perché in quel periodo troppo impauriti dal confronto con i loro limiti e/o con i limiti dei compagni, ma anche quante persone sono arrivate e attraverso quello che avevano scoperto della loro Persona hanno contribuito in qualche modo al progetto Rams, mettendo il loro mattoncino nella squadra o nella loro vita.  

Lo stesso Paolo non faceva altro che essere sé stesso senza vergogna né remore. I Rams sono questo: un gruppo di Persone spronate ad essere Persone vere senza maschere o pregiudizi sociali, dove devi togliere tutto quello che ti porti dietro “da fuori del campo” e sei spinto ad essere solo quello che sei dentro di te, ovviamente tenendo il culo basso e avendo il peso sulle punte altrimenti sono dolori. 

Paolo pretendeva, forse anche inconsciamente, da tutti il 100% umanamente prima che sportivamente e pretendeva che ti rapportarsi con lui come Persona per poter capire veramente quale fosse la tua posizione corretta fuori e dentro il campo. Paolo non cercava giocatori ma Persone con cui interagire, e questo rendeva di certo i rapporti non troppo facili. 

Sembrerà’ strano ma la cosa più bella che ho imparato giocando a Football nei Rams è che l’importante è solo conoscere le Persone o meglio viverle, nel bene e nel male. È così che Paolo agiva anche perché era sul campo da football, in quei quattro quarti, il luogo ideale per vivere una Persona, perché la potevi vedere reagire ed interagire al tuo fianco nelle difficoltà artificiose che si creavano in una partita. In quei quattro quarti i difetti e pregi dei giocatori vengono a galla ma se guardi attentamente puoi vedere affiorare anche i pregi e difetti delle Persone. 

Per questo credo che la filosofia Rams si riassuma veramente solo nella frase che spesso Paolo diceva: “l’obiettivo è uscire dal campo migliori di come si è entrati”. Ho visto molti giocatori ed allenatori (campioni del football vero nei quattro quarti) incantati da questa frase e a mio avviso lo furono perché accettarono la sfida cifrata di Paolo: conoscersi e rapportarsi innanzitutto come Persone in una partita più grande. 

Jacopo#77

(… il pezzo continua nella parte 2, che verrà pubblicata lunedì prossimo!)