Piero Unione #12, professione Qb – Parte 2

… e continua l’intervista a Pierino #12.

Quale numero avevi, e quale soprannome ti hanno affibbiato i tuoi compagni di squadra ed amici?
Il #15, ricordo che molti ragazzi non ricordando il mio nome, o magari perchè non riuscivano a pronunciarlo, mi chiamavano “italian”.
E’ stato utile confrontarti e crescere, come giocatore di Football, con compagni di squadra che (immagino) hanno un tasso tecnico particolarmente elevato?
Beh ovviamente sì. Dove ho risentito di più è stato a livello fisico, nel senso che questi ragazzi andavano in palestra tutti i giorni e colpivano veramente forte.. mentre riguardo le tracce e traiettorie me la sono cavata anche grazie a Big che pochi mesi prima di partire mi fece allenare da Wr/Cb.

Come ti è sembrata l’atmosfera che circonda le partite di Football negli States? Sono seguite, in termini di spettatori, anche le partite tra le squadre di High school?
Un altro mondo, i giocatori di High school sono venerati, sono i piccoli eroi dei paesini americani. Ricordo bene la prima partita: tantissima gente, la banda, il commentatore, l’ingresso in campo rompendo lo striscione. In più la finale viene giocata in uno stadio del college, che può essere benissimo paragonato ad uno stadio di calcio italiano.
Quali differenze, se ce ne sono, hai notato tra gli allenamenti al Saini e quelli a cui partecipavi in Arizona?
Gli allenamenti sono più o meno uguali, stessi drill, solo che i licei finanziano molto la propria squadra e dunque ci sono attrezzature migliori.
Al ritorno dall’America ti sei trovato di fronte una squadra molto cambiata, e cresciuta in termini di organico: che impressioni hai avuto al primo allenamento, dopo tanto tempo?
Considerato che al primo allenamento che feci con i Rams eravamo in 5, oggi è un altra cosa, io durante la permanenza negli States mi tenevo in contatto con Big e mi aggiornavo rigurado la situazione, ma mai mi sarei aspettato un cambiamento così radicale.
Com’erano invece gli allenamenti negli States? In Arizona, sotto il sole…
Tanti, tanti, tanti e tanti. In Arizona il clima era sfiancante, desertico, con 40 gradi all’ombra, durante i giri di campo uno dei coach stava con la canna dell’acqua a bagnarci. Ricordo per lo più che gli allenamenti erano tutti i giorni per 4 ore.
Ci sono aneddoti o ricordi significativi che ti legano alla tua esperienza. Vorresti raccontarne qualcuno?
Un giorno uscì il discorso “ragazze” e io gli dissi il significato della parola “F-iga”… Da quel giorno ogni tanto si sentiva un giocatore urlare quella parola storpiata dal forte accento americano. Hahahaha.. un giorno persino il coach me ne chiese il significato. Un altro invece era la carica che avevano quei ragazzi, proprio come nei film si urlavano e si pigliavano a cascate.
Si caricavano nell’huddle a tal punto  che poi non vedevi l’ora di attraversare l’avversario.. Però se qualche giocatore rimaneva per terra a causa di una botta, tutti si mettevano in ginocchio, bellissimo.
Ultima domanda: com’è stato il ritorno in Italia?
Dopo 10 mesi negli Stati uniti, non vedevo l’ora di riabbracciare mio padre. E di andare a mangiare con lui una buona fiorentina con un buon bicchiere di vino rosso.

Grazie mille per la disponibilità, ci vediamo prossimamente sul campo. E a questo punto, in bocca al lupo per la preparazione alla Junior League Fif 2009.