Ultimo giorno di camp
Anche le cose più belle purtroppo finiscono. Oggi pomeriggio si chiuderà, per tutti i nostri giocatori, il primo camp tenuto da un professionista del calibro di Mike Lodish della durata di una settimana. Tante le cose che ci ha insegnato, tanti gli episodi che ho avuto la fortuna di vivere standogli al fianco giorno dopo giorno. Ho avuto il privilegio di trovarmi in compagnia di un uomo, prima che di un giocatore, talmente forte da levarsi paraspalle e casco e parlare con me non dei suoi successi, ma della fatica che ha fatto e ha dovuto fare per riuscire a dimostrare a tutti il suo valore. La gente apprezzava il suo modo di giocare, il suo modo di esprimersi in campo, ignorando, o non volendo approfondire più o meno volutamente, i sacrifici che stavano alle spalle di quei risultati. Dieta , palestra, drill ripetuti migliaia e migliaia di volte, proprio quelli che molti dei ragazzi che alleniamo sul campo ritengono che sia inutili perché già fatti almeno un centinaio di volte. Più facile per il mondo pensare che uno nasca con tanto talento da non doversi allenare, e liquidare il fisico statuario, con illazioni su farmaci miracolosi. No signori, non posso parlare per altri giocatori professionisti, ma Mike Lodish il fisico se lo è fatto con tanto allenamento, con tanti sacrifici, con tante ore passate in palestra e a correre. Quattro secondi e otto sulle quaranta yard fatte da centotrentacinque chili di muscoli per tutti gli undici anni da professionista sono solo frutto di una volontà di ferro, di una determinazione urlata da un ragazzo che aveva deciso che quell’anello di oro e diamanti avrebbe dovuto avere il suo nome e il suo numero di maglia scritto sul fianco. Quattro Super Bowl giocati consecutivamente e persi avrebbero stroncato la volontà di chiunque, lo avrebbero convinto che si sarebbe dovuto accontentare di poter appartenere ai pochi fortunati che riescono ad approdare al ristretto numero di giocatori che entrano a far parte della NFL. No, non Mike Lodish, le umiliazioni, i sorrisetti subiti, la voglia di far sentire i suoi familiari orgogliosi di lui, gli hanno moltiplicato le forze. Più allenamenti, più determinazione, cambio di squadra e soprattutto la scelta come allenatore di colui che lo aveva diretto a UCLA. Un uomo che aveva saputo capirlo ed apprezzarlo. Così finalmente la vita gli dava la soddisfazione di alzare al cielo verso sua madre il famoso Vince Lombardi Trophy, non una ma ben due volte. Questo è Mike Lodish. La stessa determinazione la sta mettendo oggi, quando dice che vuole aiutare il football italiano, quando dice che si batterà al nostro fianco per far si che i ragazzi possano giocare a football, quando ipotizza tante cose che insieme potremo fare. Per adesso io posso solo ringraziare di aver voluto tenacemente insieme a Giovanni Colombo di diffondere il football in Italia, perché è solo grazie a questa grande passione che ho potuto conoscere, oltre a tanti ragazzi oggi uomini, oltre a tanti ragazzi che diventeranno uomini, oltre tante grandi persone: Mike Lodish. A proposito di grandi persone, in questo ristretto gruppo non possiamo che includere Randy Beverly jr.
che malgrado il difficile periodo di lavoro, la figlia da poco avuta, non è voluto mancare al camp aperto a tutti di ieri e oggi a Gaggiano al centro sportivo di via Gramsci 36/38. So quanto gli è costato non poter essere presente al camp tutti i giorni, ma il football insegna anche questo, che gli impegni si rispettano e che quello preso con i ragazzi che lavorano con lui è sicuramente prioritario. Grazie anche per questo insegnamento Randy. Per chi lo volesse c’è ancora oggi per conoscere questi campioni, poi per Mike bisognerà aspettare la prossima volta che sicuramente ci sarà.