L’apparizione di un amico: Maurizio Berini.
Ieri durante il camp per runnin back e Linebacker dopo circa …, beh tanti anni è venuto a trovarci Maurizio Berini. Per molti solo un nome per noi un amico prima che un avversario. Me lo ricordavo con i baffoni e la maglia gialla al campo Ruffini a Torino al debutto dei Giaguari Sao e dopo tanti anni è stato un piacere rivederlo. Molte le idee che abbiamo condiviso, non solo sul football, ma anche e soprattutto sulla nostra concezione dello sport. Un grande piacere rivederlo. A differenza di quanto accade oggi, una volta, erano solo le maglie a dividerci, ma eravamo tutti orgogliosi di giocare ad uno sport che sapevamo diverso, che volevamo pulito. Ci si affrontava con grinta e determinazione, ma lealmente. Quando poi ci ha raggiunto anche Sergio Angona, sembravamo proprio tre reduci. E’ bello pensare che dopo trent’anni siamo ancora uniti dalla stessa passione e che il piacere di stare su un campo ancora ci unisce. Quanta invidia nei nostri occhi per quei ragazzi che oggi posso
no permettersi di lamentarsi delle attrezzature, criticare i modelli delle maglie da gioco o la ufficialità o meno di un campionato. Noi ci allenavamo tanto per giocare poche partite, ma forse era proprio per questo che il livello tecnico cresceva di partita in partita e che ci ha permesso di diventare quell’Italia che In Europa esportava football. Oggi si parla di come rimettere a posto le ginocchia malandate, dei tanti acciacchi che cominciano ad affiorare, ma quando teniamo la palla in mano, dal modo in cui la stringiamo si percepisce come basterebbe un niente per farci mettere in stance e cominciare a correre ancora verso i nostri sogni, verso i nostri ideali, uccisi dalla razionalità ma ancora vivi sotto le ceneri. Sergio più cinico, e non avvezzo alle corse, stronca sul nascere ogni desiderio di lanciare ancora quella palla che tanto rappresenta nella nostra vita. Oggi abbiamo mansioni diverse, ma speriamo di poter ancora contribuire affinché altri giovani possano sognare un mondo migliore e più pulito, grazie proprio a quella palla lunga un piede, che trent’anni fa, ci ha permesso di unirci e che ancora oggi ci fa condividere esperienze ed idee che difficilmente avremmo condiviso al di fuori di un campo da football.