Perché andammo in televisione.

Da tanti anni tutti stanno rimpiangendo gli anni in cui la televisione nazionale dedicava al nostro campionato una trasmissione tutta sua, nella quale si mandava in onda settimanalmente una ampia sintesi della gara del giorno oltre gli high lights delle altre partite della giornata. Tutti pensano che fu grazie a quella trasmissione che il football visse un vero e proprio boom negli anni ’80, ma questa analisi è sbagliata e fuorviante. Oggi molti pensano che andare per televisione sia di per sé stesso la soluzione ai nostri problemi, senza rendersi conto di quanto dicono. Sono anni che la TV trasmette il wrestling, eppure mai mi sognerei di praticarlo e neanche ho conosciuto gente che non vedesse l’ora di farlo. Dunque non è la televisione che attrae, ma è lo sport di per sé stesso che attirava allora e non lo fa più oggi, o meglio non lo fa più in tutti quei casi in cui non si vede più la passione, ma semplicemente uno scimmiottare il calcio. Quando la televisione decise di interessarsi al football americano, le squadre si allenavano molto, ai giocatori brillavano gli occhi quando ne parlavano e gli stadi piano, piano cominciavano a riempirsi. Tremila persona al Giuriati altrettante se non di più alla Lunetta Gamberini, stessa cosa a Torino, da molte parti d’Italia tanti ragazzi scrivevano in AIFA. Scrivevano con carta e penna in Associazione, perfino attaccando un francobollo, per chiedere come fare per fondare una squadra e dove ce fosse una vicina a loro ed i giocatori erano tantissimi. Non se ne interessò solo la televisione, editori importanti capirono per tempo il fenomeno e le edicole avevano tante richieste di giornali e riviste che parlassero del nostro football. Ben quattro tra settimanali e mensili vennero editati ed andavano letteralmente a ruba e spesso esaurite. Non fummo noi a cercarle, furono loro ad interessarsi al fenomeno football, ma noi

eravamo portatori di valori nuovi, diversi. Eravamo invitati dappertutto proprio perché incarnavamo una novità nel panorama sportivo. Dirigenti lungimiranti gestirono quel fenomeno capendo che il boom non sarebbe durato in eterno. Cercarono di ricordarsi che i giocatori dovevano giocare ed i dirigenti dovevano dirigere, per cui salvaguardare ciò che di bello e nuovo stavamo portando avanti. Capendo le difficoltà del pubblico nel capire questo nuovo sport bloccarono il cambio di regole per tre anni, per esempio, così da permettergli di capire bene le regole. Obbligarono tutte le squadre ad avere un speaker che spiegasse il gioco agli spettatori neofiti e si assicuravano che chi prendesse parte ai campionati fosse in grado di farlo, sia per organizzazione, sia per capacità tecniche, consapevoli che ad ogni partita oltre alle squadre in campo, c’è anche il pubblico al quale bisogna garantire uno spettacolo divertente e le partite sono divertenti se sono più o meno equilibrate. Non a caso allora ci si affidava ai giocatori italiani e non fu certo un caso che erano gli anni in cui si vincevano gli Europei. Ora non si ha pazienza, si va alla ricerca dei numeri a qualsiasi costo, ci si riempie la bocca con il numero delle squadre iscritte, incuranti se molte di queste squadre non sono in grado di giocare, l’importante è dire che siamo tanti. No, non siamo tanti e purtroppo saremo sempre meno, perché se i ragazzi non vedono progetti, se il campionato dura cinque mesi per fare otto partite e spesso molte di queste partite valgono meno di un cattivo allenamento, sempre di più andranno verso altri sport. Nel football eravamo abituati a fare tutto, presidenti che segnavano il campo e così via, oggi molti dirigenti pensano che basta pagare per risolvere i problemi, così in molte regioni non ci sono arbitri ma ci sono otto squadre, poi li senti parlare e dicono che farebbero di tutto per il football, di tutto meno che adoperarsi per trovare due arbitri a squadra. Vedo troppe persone impegnate a scegliere il giubbotto più bello o la divisa più simile a quelle della NFL, ma purtroppo vedo poca gente impegnata a studiare i fondamentali o ad andare a vedere le altre squadre per imparare dagli altri. Il football non è uno sport per tutti e voler permettere a tutti di giocare a football non può che avere il risultato di snaturare lo sport più bello del mondo.