Come uscire dalla crisi.

Il football è in crisi, questo è un dato di fatto, il numero delle squadre diminuisce, i giocatori scarseggiano l’organizzazione va rivista, come uscirne? Accettare che ci sono tempi fisiologici per crescere soprattutto in uno sport che non è per tutti. Il football americano non è uno sport per tutti, non perché richieda particolari caratteristiche fisiche o atletiche, ma perché richiede capacità caratteriali non così diffuse. Il football è uno sport particolarmente tecnico, che richiede una ossessiva ripetizione dei gesti per appropriarsi del corretto movimento e per fare questo ci vuole pazienza, tempo, costanza, voglia di migliorarsi e tanta umiltà, uniti alla capacità di mettersi al servizio degli altri. Crediamo che siano tutte doti che non si trovano in chiunque. Quando chi ha queste doti incontra il football è amore a prima vista e diventa uno dei mezzi fondamentali per la propria crescita. Quando poi queste persone si uniscono per formare una squadra si crea una alchimia invidiata e della quale molti vorrebbero farne parte. Tanti attratti dai primi vorrebbero condividere quella fase di crescita costante, senza però impegnarsi per raggiungere gli obbiettivi. Sono i dirigenti a questo punto che dovrebbero dirigere appunto le scelte sapendo dire dei no e rinunciando a numeri facili, ma non duraturi, per costruire qualcosa di solido ed unico. Vivere il football vuol dire capire che mettersi al servizio della squadra e del football non è umiliante ma anzi gratificante, vuol dire capire che non ci sono ruoli più importanti o meno importanti, ma lavori svolti bene o male e che da come ognuno svolgerà ben il proprio lavoro dipenderà la crescita o meno. Pensate ad un alinea segnata bene o male, sembrerebbe un particolare insignificante, e lo sarebbe certamente fino a quando un runningback ci corresse a fianco o sopra, allora ci renderemmo conto della sua importanza. Così come ci renderemmo conto dell’importanza di un buon “tape” nel momento in cui la nostra caviglia fosse sottoposta ad uno sforzo supplementare, o della rapidità in cui ci arriva l’acqua in campo nel momento in cui siamo disidratati, o della importanza di avere arbitri nella nostra regione nel momento in cui a causa dei costi di trasferta degli arbitri non riuscissimo più a sostenere i costi. In questo

periodo molti pensano che la chiusura di squadre sia vantaggioso perché si hanno meno avversari, senza rendersi conto che l’importanza di un campionato dipende proprio dal numero e dalla capacità degli avversari. Sono gli avversari che determinano quanto noi siamo forti, se non ci fossero non si potrebbe giocare. Ora se i dirigenti continueranno a pensare che trovare gli arbitri non è un problema loro, se continueranno a pensare che tanto basta pagare che gli arbitri si trovano, pronti poi a lamentarsi per gli errori che questi potrebbero fare, così come si pensa che i giocatori non si debbano far crescere ma basta avere i soldi per sottrarli alle squadre che a questo si sono dedicate, difficilmente il football avrà un futuro roseo. Perché questo splendido sport possa pensare di diffondersi tutti gli appassionati dovranno accettare concetti facili e basilari: limitare i costi è essenziale, avere dei programmi, progetti è indispensabile. Bisogna cominciare a pensare come imprenditori che programmano non la prossima partita ma i prossimi tre campionati, cominciare piano, piano a costruire una società con bilanci trasparenti consuntivi  e preventivi, far crescere giocatori, ma anche allenatori, score, speaker, arbitri, addetti ai filmati ed addetti stampa, pensate alla passione di quanti ragazzi potremmo dare risposte se ognuno si impegnasse capendo l’importanza che questo sport potrebbe avere, chiedendo ai propri giocatori e tesserati di diventare i primi testimonial del nostro sport, diventando nella vita esempi silenziosi, a scuola sia per rendimento che per comportamento. È più facile e credibile andare contro il bullismo se si è persona con un buon profitto piuttosto che se si è uno che a scuola ci va poco. Non è uno sport per tutti, non permettiamo che tutti quelli che non ne sono all’altezza cerchino di utilizzarlo per un selfie diverso o per far credere di appartenere ad un mondo che non è il loro. Rimbocchiamoci le maniche e lavoriamo insieme per permettere a tanti ragazzi di poter conoscere e praticare il nostro amato sport.