Quale futuro per il football
Dopo il 35° Superbowl avremo l’incontro tra le squadre associate alla FIF a.s.d. per decidere come continuare, cosa fare e come meglio agire per cercare di aiutare il nostro sport e le nostre squadre a crescere. Da tempo si cerca da parte di altri di nascondere la polvere sotto al tappeto, ma adesso pare che ce ne sia troppa. Non sta a noi criticare
l’operato di altri, operato che non abbiamo condiviso proprio perché sapevamo dove avrebbe portato. Ora si tratta di capire cosa le altre squadre hanno intenzione di fare e valutare se le nuove scelte e le nuove decisioni porteranno finalmente il football sulla strada che merita o sarà per l’ennesima volta solo un cambio di dirigenti, pronti a fare gli stessi errori. La politica del tutto subito non appartiene a questo sport. Avevamo scritto e detto che vi sono delle cose dalle quali non si può prescindere: la squadra degli arbitri, la formazione dei dirigenti e allenatori, i passi proporzionati alla gamba. Da anni assistiamo a dirigenti improvvisati che formano squadre sulla passione del momento senza un programma, senza dei bilanci, ma spendendo i primi soldi che entrano sulle ali dell’entusiasmo per fare il miglior merchandising possibile salvo poi accorgersi che mancano i soldi per le attrezzature e la logistica. Una programma serio avrebbe dovuto investire sulla squadra degli arbitri, per avere finalmente gente appassionata che partecipasse al nostro sport esattamente come e quanto i giocatori, e abbiamo dimostrato che ciò sia possibile laddove si reclutino appassionati e non si promettano incentivi economici, laddove si diano valori e non euri; su coach e giocatori italiani per aiutarli a crescere facendogli fare esperienza, viceversa si è preferito accantonare chi doveva crescere a favore di acquisti italiani o americani già più o meno formati pensando che garantissero un risultato immediato. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: le squadre chiudono o vengono assorbite, i costi di gestione rimangono gli stessi, le squadre rimanenti devono pagare di più e piano piano anche quelle che stavano abbastanza bene vanno in difficoltà. In Lombardia, regione che ha sempre dato molto al football, non si contano le squadre che chiudono o che stanno per farlo. Nessuno a tutelato o aiutato o consigliato le piccole realtà, ma anzi le si è illuse che potessero fare ciò che non avrebbero potuto e dovuto fare. Si è cercato di riempirsi al bocca con tanti programmi, senza averne uno da perseguire sul serio. Si è pensato che bastasse scrivere una cosa perché questa si realizzasse. Si è predicato di lottare per pochi centimetri illudendosi di poter fare chilometri. Qualcosa non torna. Fummo derisi quando predicavamo gironi geografici, fummo presi in giro quando chiedevamo di sapere quale fosse la palla ufficiale da gioco, o più semplicemente un bilancio trasparente e condiviso. Quello che chiederemo ancora una volta alle squadre che con noi hanno condiviso una strada è dove vogliamo andare e come, con quali regole. Vogliamo affidarci a chi ci vende dei servizi? Bene quali saranno i costi e che regole si adotteranno? Vogliamo continuare sulla nostra strada con costi estremamente contenuti, poche regole ma chiare e condivise. Lavoriamo per mantenere i conti a posto come fatto finora, aiutare le squadre che a noi si rivolgeranno e migliorare la tecnica dei nostri e loro giocatori e allenatori, continuando ad innalzare il livello tecnico e ad abbassare la percentuale di infortuni. Idee chiare, obbiettivi chiari e condivisi, messaggi comuni per trasmettere ciò che il nostro sport ha di positivo sapendo che la strada è lunga e non c’è un altro mezzo che i piedi per percorrerla. Chiunque ha pensato di farla su una Jeep dopo averci salutato lo abbiamo sempre trovato senza benzina a metà strada.