Seduti all’inno nazionale ma non per protesta.

Venerdì mi sono recato a Torino per assistere alla semifinale tra USA e Giappone di slide hockey. Prima dell’inizio della partita le due squadre si sono schierati insieme agli arbitri pronte per ascoltare l’inno nazionale dei rispettivi paesi. È toccato alla squadra americana ascoltare per primo il suo e non c’era un solo giocatore sull’attenti, neanche uno, tutti uniti e compatti seduti sul loro slittino. È toccato poi ai giapponesi ed anche loro hanno fatto lo stesso gesto. Si ambedue le squadre non potevano alzarsi in piedi, in quanto composte da amputati o persone con gravi lesioni alle gambe. Chissà se i professionisti di football quando si sono inginocchiati mentre ascoltavano l’inno americano hanno pensato cosa stessero facendo e cosa quell’inno, ma un qualsiasi inno nazionale che loro stavano oltraggiando rappresenta per molti, e cosa molti fanno per onorarlo. Credo che dall’impegno che le squadre hanno messo in campo e dalla preparazione che hanno dimostrato debbano tenerci veramente tanto ad onorare quella maglia e quell’inno

e forse qualcuno della stampa americana, libero da ideologie, dovrebbe ricordare a loro ma anche a tutti coloro i quali utilizzano gli inni per screditare qualcuno, che cosa essi rappresentino e quale sia il loro valore per tutti. La partita non ha avuto storia: di un altro pianeta la nazionale USA che tra poco partirà per la Corea dove parteciperà alle Olimpiadi invernali, ma di un’altra classe i nostri amici Nikko, poi risultato MVP del torneo,  e Tyler che hanno giocato praticamente solo il primo terzo della partita, quello iniziale, in cui gli USA hanno messo al sicuro il risultato con un perentorio sei a zero, poi hanno praticamente lasciato il posto ai loro compagni più inesperti per fargli approfittare di un allenamento supplementare, e chiudere l’incontro nove a zero. Fin quando Nikko e Tyler sono rimasti in campo hanno dato spettacolo: velocità sulle slitte supersonica, curve immediate, contrasti alla balaustra da farti passare la voglia, passaggi e tiri precisi e a seconda dei casi veloci o millimetrici. Due fenomeni, non a caso ambedue hanno vinto tutto quello che

potevano e non una sola volta: grandi! Nel salutarli gli abbiamo fatto un grande in bocca al lupo anche a nome di tutti i Rams che li ricordano con grande stima ed amicizia e che non mancheranno di seguirli e tifare per loro quando lotteranno per la conquista del loro terzo oro olimpico. Un’ultima riflessone, Torino ha accompagnato alcune scolaresche a vedere le partite dell’Italia, che partecipava con Norvegia oltre che Giappone e Italia al torneo preolimpico, sarebbe stato bello che lo avesse fatto anche per le altre tre partite proprio per insegnare ai ragazzi che lo sport deve unire sempre di più e non limitarsi ad insegnargli ad essere solo tifosi.