Intervista a Beatrice Zanolini

Per la serie “Road to YoungBowl”, ospite di oggi la vocalist Beatrice Zanolini. Che interpreterà l’inno italiano il 29 novembre, nel prepartita della finale del campionato Under 21 Fif.

1. Beatrice Zanolini, vocalist per mestiere o per passione? Raccontaci un po’ di te: com’è nata la tua passione per il canto?

Posso dire che canto da sempre perché sono cresciuta con la musica. In casa mia, fin da quando ero piccola, ricordo di aver sempre sentito musica (pop, jazz, classica, dialettale, cantautori e colonne sonore di film). In fatto di musica sono cresciuta onnivora, e nella musica ho sempre trovato anche un senso di libertà e di sfogo. Poi ho avuto l’occasione di lavorare con musicisti professionisti e lì c’è stata la svolta. Ed oggi direi che cantare è sempre una grande passione ma anche il mio secondo lavoro.

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2. Come concili la tua attività di vocalist con i vari impegni che ti richiedono quotidianamente? Ti esibisci spesso in pubblico? In quali circostanze? E sono maggiori le occasioni di esibizioni singole o corali?

Non è mai facile per nessuno conciliare tutti gli impegni soprattutto se si vogliono raggiungere dei livelli di soddisfazione e dunque si devono dedicare tempo, attenzioni, sacrifici. Ho una grande collaborazione da parte della mia famiglia e lavoro con musicisti fantastici. Anche perché il canto non è fatto solo di esibizioni in pubblico, è comunque necessario dedicare tempo allo studio, alle prove, a nuovi arrangiamenti, a ricercare nuovi brani e anche a comporre musiche e scrivere testi. Le corde vocali di un cantante sono come i muscoli di un atleta: vanno protette e tenute in esercizio con costanza, pazienza, impegno e rigore. Amo cantare con varie formazioni: in duo (con chitarra o pianoforte) per performances acustiche ma anche con batteria, percussioni, contrabbasso e fiati. Mi è capitato anche di cantare con un’orchestra di archi: fantastico!

3. Oggi moltissimi giovani, invogliati dai media e attirati da fama e denaro, tentano nei modi più disparati di lanciarsi nel mondo della musica. Trovi analogie tra il mondo (della musica) di oggi e quello in cui sei entrata tu agli inizi della tua attività?

Oggi la voglia di fama e di denaro della serie “tutto facile e subito” colpisce tutti i settori, non solo quello della musica. E anche nello sport troppi giovani, oggi – infatuati dai media e dalle storie di certi atleti miliardari da copertine patinate -, pensano di poter diventare dei VIP con facilità. Come nello sport anche nella musica ci vogliono invece sempre tanta passione, ma anche sacrifici, umiltà, predisposizione all’ascolto e voglia di apprendere sempre. E se si arriva ad avere i riflettori puntati, mai perdere il senso delle cose e rimanere se stessi. Oggi certamente è più difficile di 10 o 20 anni fa, la concorrenza è esagerata e servono troppi soldi e tante conoscenze ben collocate. Certo, la fortuna gioca sempre un ruolo fondamentale, ma io credo che ci sia sempre spazio per chi ha talento e veramente merita e crede in quello che fà.

4. Che cosa suggeriresti, da addetta ai lavori, alle centinaia di ragazzi che aspirano ad una carriera musicale per superare i mille problemi e quell’incertezza sul futuro che si parano davanti ai giovani d’oggi?

Qualsiasi lavoro – non solo la musica – ha bisogno di essere affrontato innanzitutto con consapevolezza, con coscienza e con serietà. E poi credo sia molto importante essere onesti verso se stessi e verso il proprio talento. Spesso si pensa che fare musica o cantare sia facile, non sia un vero e proprio mestiere, ma non è affatto così. I modelli che oggi i media ci offrono non aiutano ad avere una concezione corretta di cosa significhi veramente fare musica ed essere dei veri artisti. Ma questo è lo ShowBiz, e così molti giovani talentuosi che meriterebbero spazio non hanno le opportunità che invece hanno soggetti che valgono poco ma che sono facilmente trasformabili in fenomeni mediatici. Ma, come nello sport, la sfida deve essere da stimolo e si deve sempre dare il massimo!

5. Veniamo allo sport della palla ovale. Molti giovani Rams hanno conosciuto, in occasione dei Camp tenuti gli anni scorsi al Velodromo Vigorelli, tuo fratello Davide. E’ durante la sua avventura come ricevitore nei Rams che tu ha avuto il tuo primo incontro con il Football americano?

No, il mio amore per il football americano nasce molto prima! Seguivo questo sport assiduamente quando ancora andavo in prima liceo, perché avevo molti amici che giocavano nelle due storiche squadre dei tempi: Manin’s Rhinos e Bozart Rams. Il Giuriati era la mia seconda casa! E gli amici di allora sono rimasti miei grandi amici e fra questi c’è anche Paolo Crosti, che ha voluto fortemente questa rinascita dei Rams e che ha dimostrato ancora una volta che volere è potere! Ho seguito sempre mio fratello quando giocava. Ho dei bellissimi ricordi e conservo delle bellissime amicizie.

6. Come ti ricordi il mondo del football americano di quegli anni? Dopo allora, causa gestioni fallimentari, il movimento ebbe una dura battuta d’arresto e molte squadre, tra cui i Rams, dovettero rimandare a tempi migliori la possibilità di riprovarci. Credi che ci siano i presupposti, oggi, perché la palla ovale rivendichi i propri spazi nel panorama sportivo nazionale?

Come ho detto, ho dei ricordi bellissimi del football degli anni ’80. Sono molto felice che questa disciplina torni in scena e spero che abbia gli spazi e l’attenzione che merita. Spesso proprio negli sport considerati minori – ma minori rispetto ad altri solo per questioni di popolarità e di business- si trova ancora quell’ambiente sano, pulito, vero di chi crede nello sport come strumento fisico ma anche morale, sociale, educativo. Purtroppo i media fanno spesso la differenza – in tutti i settori, nello sport come anche nella musica: sarebbe molto bello che giornali, radio e tv promuovessero e sostenessero anche atleti ed artisti “minori”, che però sono proprio quelli che rispecchiano la realtà, i ragazzi comuni, che incarnano i sogni di tanti e che non sono inarrivabili.

7. Lo sport, come la musica, esalta la competitività ma richiede anche spirito di sacrificio, una forte volontà e abnegazione. Hai trovato, nel confronto tra l’impegno sportivo di Davide e il tuo in qualità di vocalist, maggiori analogie o differenze?

Sport e musica sono due mondi molto vicini. Sia mio fratello Davide che io ci siamo sempre impegnati in tutto quello che facevamo con sacrificio, volontà ed abnegazione: siamo cresciuti con valori come questi e li applichiamo in ogni ambito della nostra vita. Non trovo differenze, dunque. E discipline come lo sport ed il canto possono essere strumenti molti efficaci per formare o migliorare il carattere di una persona. Attraverso lo sport e la musica ci si può confrontare, ci si può esprimere, si può crescere.

8. Molti ex giocatori dei Rams ripetono ai giovani che l’impegno sul campo, la disciplina e l’igiene mentale che ne derivano sono valori e insegnamenti che ti accompagnano poi anche una volta riposti casco e paraspalle. Come ti ha aiutata e ti sta aiutando, nel corso della tua vita, la tua esperienza nel mondo della musica?

La musica mi ha sempre aiutata molto, anche solo ascoltandola trovo ispirazione, energia, serenità, conforto, sfogo. Ma lo sport non è da meno. Come mio fratello Davide, anche io praticavo sport a livello agonistico e tuttora lo sport ha una grande importanza nella mia quotidianità. Lo sport, in particolare negli anni di attività agonistica, mi ha insegnato moltissimo, anzi direi che molto del rigore, dello spirito di squadra, della costanza e dell’impegno che applico nelle cose, e anche nella musica, mi derivano proprio dalla “scuola sportiva”. Il modo di affrontare la competizione da parte di uno sportivo, poi, è diverso da quello degli altri, anche perché qualsiasi sport, anche quello di squadra, rappresenta prima di tutto una sfida con se stessi. E poi sport e musica sono linguaggi trasversali a tutti ed a tutto (età, razze, ceti sociali) e portano messaggi che arrivano al cuore.

9. E ora lo Young Bowl; dopo tanti anni un grande evento per il movimento del Football nostrano avrà per teatro Milano. Ti capita spesso di partecipare ad eventi dove sport e musica si fondono in un unico grande spettacolo?

Spesso lo sport e la musica si incontrano proprio perché sono linguaggi molto vicini tra loro e che avvicinano le persone. Mi è capitato di fare un’esperienza musicale molto importante proprio con un grande dello sport, l’attuale allenatore del Milan, Leonardo. Un caro amico, un vero campione ma soprattutto un grande uomo. Lui, che dello sport ha fatto la sua vita, ha scelto la musica per comunicare ed insieme abbiamo realizzato un CD per raccogliere fondi a sostegno della sua Onlus che aiuta oltre 1.500 ragazzi brasiliani disagiati. Sport e musica sono disciplina e rigore, ma anche divertimento e spettacolo e spesso diventano strumenti per sostenere progetti a scopo sociale e benefico.

10. Intonare le note dell’inno nazionale: occasione speciale, che negli States rasenta una sacralità quasi liturgica. Potere della musica?

La musica ha un grandissimo potere, trasmette messaggi ed emozioni. Ascoltare l’Inno Nazionale prima di una competizione e dopo una vittoria amplifica le emozioni già latenti nell’animo degli atleti in campo e del pubblico che li sostiene. In quei momenti è come se tutto fosse sospeso per un attimo in un’atmosfera senza tempo…Cantare l’Inno Nazionale è sempre una grande emozione, per me farlo in questa occasione è un onore, un vero privilegio.

11. E cosa ne pensi delle critiche che piovono sul nostro “Fratelli d’Italia”?

Tra gli Inni Nazionali più popolari forse il nostro non è dei più “romantici”, l’aria del “Và pensiero” di Verdi è certamente più struggente…ma “Fratelli d’Italia” rispecchia l’energia, la grinta, lo spirito di iniziativa e la determinazione a non arrendersi tipici del nostro carattere italiano.

12. Il 23 giugno del 1965, al Vigorelli, c’erano i Beatles. Come recita la targa esposta all’ingresso del Velodromo, “il fenomeno musicale del 20° secolo”. Ti è già capitato di esibirti in location dove, tempo prima, altri grandi della musica avevano cantato e suonato davanti al grande pubblico? Quali sono le emozioni che si provano, in queste occasioni?

Ho avuto la fortuna di potermi esibire su un palco straordinario come il teatro Strehler di Milano ma anche al Blue Note, lo storico locale dove hanno cantato tutti i più grandi della storia del jazz mondiale. Trovarsi su un palco come questi, ma anche solo nei camerini del backstage, è un’emozione indescrivibile. Solo qualche sera prima magari eri tra il pubblico ad applaudire un tuo idolo, e poi ti succede di salire proprio su quel palco: a quel punto la palla è in mano tua e devi per forza segnare! E anche in questo lo sport mi ha insegnato tantissimo: l’autocontrollo, l’equilibrio e la gestione delle emozioni prima di una competizione…

13. E per finire una curiosità: qual è il pezzo musicale, o l’aria lirica, più difficile che tu abbia mai intonato?

Anche il brano più semplice prima di un concerto ti sembra difficile e, come prima di un esame, ti sembra di non ricordare più nulla, neanche le parole che da sempre sai a memoria! Nel mio repertorio ci sono molti brani difficili, con melodie articolate o con testi in lingue straniere come il portoghese, il congolese, il norvegese, il polacco. Ma in particolare, pur non essendo una cantante lirica, una volta mi è capitato di cantare l’ “Ave Verum” di Mozart accompagnata da piano e violino, durante un matrimonio in una piccolissima chiesa di campagna, sembrava di essere in un film… Un genere che non avevo mai interpretato prima. L’ho studiato per giorni, nota per nota, come una scolaretta di prima elementare che fa le asticelle e i cerchietti sul quaderno prima di imparare a scrivere, ma alla fine ho lasciato cantare il cuore… La soddisfazione di un cantante, come quella di un atleta, non può essere completa se dietro alla tecnica non c’è anche un grande cuore!

Ti ringraziamo molto per la disponibilità, e aspettiamo di sentirti il 29 novembre al Vigorelli. Peccato solo che in campo, schierati ad ascoltare l’inno, non ci saranno anche i giovani Rams.