Una storia dimenticata per troppo tempo

Volevo raccontare la storia di due arbitri, due galantuomini, purtroppo dimenticata da molti che ne sono a conoscenza e sconosciuta a tanti ragazzi che si avvicinano oggi al football americano.
Mi piace raccontarla per ricordare a tutti quelli che andranno in campo quest’anno che coloro i quali porteranno la divise a strisce bianco nere, “le Zebre” non è vero che sono giocatori falliti, ne che fanno gli arbitri perché non avevano il fisico o il coraggio di giocare, no, la stragrande maggioranza degli arbitri lo fa per passione, per il piacere di stare in questo ambiente avendo un ruolo fondamentale anche se di basso profilo, e in alcuni casi avendo lavori o impegni familiari che renderebbero problematico seguire gli allenamenti di una squadra, ed essere impegnati per lungo tempo, ma riuscendo spesso con qualche sacrificio a tenersi in forma e a riuscire ad adempiere ai propri impegni istituzionali federali.
Bene successe negli anni ottanta che ci furono due partite in quel di Bolzano, una di sabato e una di domenica e il designatore stabili di inviare due crew, una per la partita dei Jets e una per la partita dei Giants del giorno dopo. Della crew della partita di sabato facevano parte due arbitri sposati fra di loro, che condividevano la passione per questo sport e un altro arbitro che abitava a Milano. Per cui decisero di fare il viaggio di andata e ritorno da Bolzano, insieme. Arbitrarono la partita, mangiarono qualcosa lungo la strada e la sera tornando verso Milano incapparono, in una brutto acquazzone che oltre a ridurre la visibilità, resero il fondo scivoloso. In prossimità di Bergamo ebbero un incidente stradale in seguito ad una sbandata dell’autovettura. Lasciate la moglie in auto andarono a posizionare il triangolo per segnalare l’avvenuto incidente. Stavano retrocedendo a piedi per posizionarlo e indicare così la situazione di pericolo. In quel mentre giunse un auto ad elevata velocità che falciò i due arbitri, uccidendoli sul colpo, e continuo la sua corsa fermandosi a sua volte in seguito ad una sbandata. La moglie e di uno dei due arbitri restò attonita nella propria vettura.
Lascio a voi ogni considerazione e riflessione. Io mi inchino di fronte al, alla civiltà e all’educazione di queste due persone che facevano parte del nostro mondo. Spero che la moglie, sia riuscita a rifarsi una vita o comunque a trovare la serenità che merita. Mi auguro che la F.I.F. voglia di concerto con la struttura arbitrale propria, istituire un premio agli arbitri, scelgano loro se uno per posizione o al migliore in assoluto, o come meglio credono e pensano, intitolato alla loro memoria, già da quest’anno. Spero che i ragazzi in campo facciano tesoro di questa storia, quando avranno un diverbio in campo, con un arbitro, pensino sempre che non è cosi facile conoscere una persona a fondo.
Ho tralasciato di proposito i nomi delle persone del racconto perché vorrei accomunare quelle persone a tutti gli arbitri, mentre mi piacerebbe vederli scritti sulla targa del premio.
Chiedo scusa se nella prima versione di questo articolo, avevo riportato fatti non precisi, ma come me li ricordavo, e ringrazio Andrea Catalfamo a nome del direttivo AIAFA per avermi mandato le opportune correzioni.