Quale scopo nello sport?

Quando tornate a casa, quando parlate con i vostri amici dopo una partita la prima domanda è sempre la stessa: hai vinto? Da tempo nessuno più chiede: ti sei divertito?
Da qui credo che gli educatori, gli allenatori, gli insegnanti debbano ripartire per ripensare allo sport, ma anche al nostro modo di vivere. Noi lottiamo per ottenere delle cose che pensiamo siano gratificanti, ma lo saranno davvero? La pubblicità ci impone dei modelli, ci dice cosa mangiare, cosa bere, dove andare in vacanza, esattamente quello che facevano le case produttrici di ddt, di sigarette e gli spacciatori di droga. Senza accorgecene abbiamo permesso a dei luoghi comuni di impossessarsi del nostro pensiero. Come si fa a parlare di paradisi artificiali e il giorno dopo di droga devastante? Sarà più appropriato parlare di inferno artificiale. Come si fa a coniugare e discutere su termini tipo droga leggera? E’ come dire assassinio dolce, o urlo sottovoce. Vi chiederete ma cosa c’entra tutto questo con lo sport con il football americano? Diciamo che oggi la via più facile per smontare tutte queste bugie con cui quotidianamente ci appestano, sta proprio nello sport. E’ lo sport che ci insegna ad impegnarci tanto per avere dei riscontri nel tempo, ci insegna che non è possibile il tutto subito, il qui e adesso, ma proprio nel fatto che riusciamo giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento a migliorarci ci gratifica e ci diverte. Tutti gli sport se li analizziamo ci portano in una direzione totalmente diversa da quella in cui vorrebbero farci andare i pubblicitari, ai quali poco importa del nostro divertimento o della nostra soddisfazione, a loro interessa farci credere che tutti si divertono con quel prodotto o in quel modo e la mancanza di comunicazione, la vergogna di essere diversi fa si che il dubbio si insinui in noi e ci lasciamo in seguito convincere, salvo poi rimanere delusi. La loro abilità sta nel proporci di raggiungere la vetta a qualsiasi costo, convincendoci che sia quello lo scopo e non il modo in cui la raggiungiamo. No, lo scopo è conquistarla la vetta, nessuno può gustarsi il panorama di una collina qualsiasi se la raggiungesse in ascensore, diverso è se per raggiungere quella stessa cima ha camminato ore. E’ un po’ come quei turisti che vanno in una città straniera e si soffermano davanti ad un quadro, magari l’unico di quella città e neanche tanto famoso, gli stessi turisti che abitano a Roma o a Milano e non hanno mai visto i musei della loro città. Se capite queste parole capite perché l’appassionato di foot ball americano è un malato. Più ha iniziato tanti anni fa e più è malato. Lui sa quante battaglie ha sopportato per iniziare a giocare, per diffondere questo sport. Non mi ricordo quante marchi di caschi ci hanno rifilato all’inizio spacciandoli ogni volta per i migliori, quante maglie comprate come le uniche indistruttibili, quanti allenamenti fatti su terreni improponibili ma quanta gioia ogni volta che squillava il telefono annunciando che dei ragazzi in una nuova città volevano fondare una squadra e ci chiedevano aiuto. Che soddisfazione quando finalmente arrivammo al primo campionato, quando i giornali cominciarono ad interessarsi a noi, quando le squadre ormai ricolme di giocatori arrivavano a diaspore che portavano a nuove squadre. Tutto questo non è successo un secolo fa, molti come me ne sono stati artefici e testimoni. Alcuni ci hanno lasciato ma hanno trasmesso quel gene ai lori figli. L’ultima delle cose che ci ha mai interessato era come guadagnare dei soldi, il problema di molti ragazzi era dove trovare i soldi per continuare, caso mai. Nessuno si era mai posto il problema cosa costa una pagina sulla gazzetta, ne mai ci ha interessato andarci, ci ha sempre e solo interessato giocare. Fu il nostro entusiasmo, la nostra costante crescita in termini numerici che fece si che i quotidiani si interessassero a noi. La televisione trasmise il football americano perché avevamo creato interesse e non il contrario. Non fu il football figlio della televisione, fu la televisione figlia della nostra passione, tantè che dopo il 1 Superbowl partì immediatamente una trasmissione settimanale sul campionato italiano, che faceva ottimi ascolti.
Molte squadre giocavano per limitare i danni esattamente come le più blasonate quando facevano il torneo basi Nato, ma ci divertivamo veramente tanto. Oggi qualcuno vuole impadronirsi di tutto questo e ricondurlo a cosa hai fatto hai vinto? Si, abbiamo vinto tutti se torniamo ha pensare a questo sport in termini diversi, a fregarcene se la tv trasmette o no i Superbowl, se gli americani corrono o lanciano, ma a tornare al piacere di giocare , di confrontarci tra noi su campi, con la massima aggressività consentita, ma con il più grande rispetto possibile per il nostro avversario. Ho giocato nei Rams da quando li ho fondati, poi li ho allenati non so quante partite ho vinto o ho perso so che mi sono divertito sempre fra tanti grandi amici e so che vorrei continuare a farlo senza curarmi se piace al Coni o no, o se i giornali se ne accorgono o no. ma essendo certo che tutti quelli che giocano nei Rams oggi come allora hanno le braccia pulite e la coscienza pulita, e cosi i loro avversari.