Considerazioni finali sulla Convention AFCA 2009.

Tornato a Milano dopo un viaggio composto da quattro ore di auto, due ore di check in , 9 ore di volo, 45 minuti di treno per Roma, tre ore e mezza di treno per Milano. Ora la domanda sporge spontanea: valeva la pena prendere le ferie, saltare due allenamenti fare sta sfacchinata e spendere oltre mille euro per assistere alla Convention AFCA 2009? La risposta è sicuramente si , perché?
Perché abbiamo conosciuto gente fantastica, di grande competenza e di grande umiltà, perché da questa settimana quasi tutti i presenti alla convention sanno che esiste il football in Italia e con essi anche tutti gli sponsor, numerosi, che esponevano alla convention. Molti mi hanno fermato grazie alla maglietta Italia american football FIF, e molti hanno colloquiato con me o con gli altri rappresentanti della federazione. Parlando con Coach Mack Brown ((nella foto) ho imparato veramente molto. Una delle cose che mi aveva stupito era stata la sua risposta al fatto che loro fossero così disponibili con tutti i presenti. Coach Brown mi ha spiegato che in America non esistono differenze tra coach, non ci sono esami o corsi, dscf25371tutti sono semplicemente Coach. La meritocrazia determina chi è più bravo e chi meno, ma loro sono consapevoli che non possono esistere corsi per far diventare uno bravo, solo il campo lo sancisce. Esistono allenatori che si sono dovuti inventare formazioni, schemi e metodi diversi perché quelli fino allora conosciuti non erano adeguati agli atleti che avevano a disposizione o non ne esaltavano le caratteristiche, questa è stata la loro abilità ed intuizione. Proprio questo ci fa capire che essendone gli inventori nessuno avrebbe potuto insegnarglielo. Per cui, lui sosteneva, che ci possono essere clinic in cui ci si confronta, si amplia il proprio bagaglio conoscitivo, ma questo di per se stesso non può determinare una graduatoria tra coach. Inoltre ci sono doti comunicative, umane e capacità motivazionali che nessun corso può insegnarti. Infatti standogli di fronte e parlandogli capisci la ricchezza interiore che ha come uomo, prima che come coach, e questo credo che sia stata a vita a forgiarla non certo dei corsi. Inoltre, mi spiegava, che era consapevole che sulla sua carriera , come su quella di molti altri il fattore fortuna e casualità avesse giocato ruoli determinanti. L’essere libero da contratti nel momento in cui una squadra importante sta cercando una coach o l’essere nel posto giusto al momento giusto può essere un fatto determinante, poi come detto sopra saranno le tue doti che faranno si che diventerai un Head Coach, un assistente, o un disoccupato, ma non certo la tua qualifica. Lo ho poi fatto partecipe delle due filosofie che dominano in Italia.: i giocatori americani servono o no. Lui mi ha risposto che l’errore che stanno facendo anche negli States è di anticipare sempre di più la scelta dei professionisti, non permettendo a molti giocatori di affinare i fondamentali, le basi del football. Mi chiese cosa io pensassi che fossero i fondamentali e prima che io potessi rispondere qualche fesseria, continuò dicendomi che se si chiamano fondamentali è perché sono fondamentali per avere un buon giocatore e di conseguenza un buon gioco. Mi fece l’esempio di Army o di Navy che pur giocando con atleti non eccelsi, per gli standard NFL, riuscivano grazie ad una applicazione spasmodica dei fondamentali e della disciplina a restare ai vertici da tanti anni. Non era che il suo parere, ma in molti discorsi fatti con i coach questo punto di vista era costante. I fondamentali, sono fondamentali. Abbiamo poi parlato del valore educativo e formativo che il football deve avere e i nostri punti di vista coincidevano perfettamente. Gli dissi che ero molto colpito dalle statistiche che aveva citato nel suo intervento e lui mi confermo la drammaticità e la veridicità di quei numeri. Gli ho fatto presente dell’impegno della squadra per combattere il doping e la droga e lui mi ha incitato ad andare avanti, avendo ben presente quanto detto nel suo intervento sulla responsabilità che i coach hanno nei confronti degli atleti a loro affidati e che si fidano di loro. Prima di salutarmi con un sorriso stringendomi calorosamente la mano mi ha ripetuto:” Fa che i tuoi ragazzi quando se ne andranno siano in campo e fuori dal campo migliori di quando li hai incontrati”. Grazie Coach Brown sarei pronto a rifare questo viaggio adesso pur di continuare a parlare con te e spero che manterrai la promessa che compatibilmente ai tuoi impegni verrai a trovarci.