La soddisfazione nello spogliatoio.

Riflettevo in questi giorni sulle differenze che ho provato domenica quando arbitravo e nelle altre posizione occupate durante la mia ormai trentennale carriera. Da giocatore la soddisfazione era quella di accorgermi allenamento dopo allenamento, partita dopo partita, dei miglioramenti che facevo, ma era anche quella di vivere emozioni ad ogni azioni con mille sfumature diverse a seconda se fossi in campo o se condividessi quelle della difesa mentre li incitavo dalla panchina, per poi gioire o comunque condividere le sensazioni tutti insieme a fine partita. Grande lavoro per mettermi e stare in forma e molta pratica per far diventare naturali movimenti e situazioni che naturali non erano. Diverse quelle da arbitro. La soddisfazione grande almeno quanto quella che provavi quando vincevi la vivi con i tuoi compagni di crew, quando a fine partita varchi lo spogliatoio con la consapevolezza che l’agonismo non è mai trasceso, che la tua presenza non è stata determinante per il conseguimento del risultato, ma che tu ti sei limitato a garantire l’applicazione delle regole e a far sì che nessuno prendesse dei vantaggi da comportamenti sanzionabili, contribuendo affinché il clima rimanesse quello di una sana competizione e mai trascendesse. Una spiegazione appropriata, un sorriso empatico, un avvertimento quando necessario, un uguale metro di giudizio sin dall’inizio per permettere ai giocatori ed alle panchine di capire i parametri entro i quali stare. Mentre ti levi la tua maglia e senti le grida

delle squadre sul campo assapori la soddisfazione di essere stato importante per permettere a quei ragazzi di poter provare quelle emozioni che ora vengono stigmatizzate dai relativi discorsi dei loro coach. Sai che potresti essere usato come comodo alibi dai perdenti, ma sei consapevole che spesso questo è il gioco delle parti. La voglia di rivedere qualche episodio mi assale esattamente come quando giocavo o quando ero in panchina ad allenare, questa volta solo per vedere dove ero posizionato, se ero nella miglior posizione per valutare quanto succedeva nella mia zona di competenza. Il giorno dopo cominci a capire che per migliorarti dovrai essere più in forma, che in quella tale azione avresti dovuto muoverti con più velocità per coprire meglio la zona e che forse se avevi più fiato saresti riuscito a fare i segnali ad ambedue le panchine anche nel secondo tempo. Sono consapevole che molto dovrò fare se vorrò migliorare, e certamente lo voglio, soprattutto devo aumentare la resistenza fisica perché maggior ossigeno al cervello, vuol dire decisioni più veloci e più lucide. L’affiatamento con i miei compagni è stato fantastico, del resto dopo tanti anni in cui abbiamo diviso i campi di gioco, non poteva che essere così, ma lo sarà anche con altri? Il passaggio della palla seppur veloce è stato in alcuni casi approssimativo anche se abbiamo gestito bene anche la fase in cui i Broncos hanno giocato no huddle offense. Pur riconoscendomi e riconoscendoci ampi margini di miglioramento sono soddisfatto di come abbiamo diretto una partita che le giocatrici hanno fatto di tutto per facilitarci. Sono anche molto soddisfatto e mi complimento con le ragazze che quando le ho sanzionate hanno ammesso il loro fallo scusandosi. Forse è anche per questi atteggiamenti che amo questo sport.